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Lo chiamano ring, lo spazio riservato al combattimento nella boxe. Ma non è rotondo. È un quadrato. Raccontano che il nome derivi dal cerchio che alle origini veniva tracciato per terra per delimitare lo spazio dell'incontro. Ma c'è in quel nome un preciso richiamo a qualcosa di magico, la ricorrente circolarità di cui brillano gli incontri di boxe più belli. Lo spazio compreso tra le sedici corde della Pyramid Arena di Memphis, Tennessee, dove l'8 giugno del 2002 Mike Tyson contende il titolo mondiale a Lennox Lewis è una specie di "strano anello" (del tipo di quelli di Hofstadter). E un anello non ha né inizio né fine. Appunto: un luogo magico, il luogo dove Mike Tyson, il pugile più cattivo del mondo, incontra tutta la propria storia. E la sua fine. Durante tutta la prima ripresa Iron Mike sembra il pugile di sempre, non mostra i suoi 36 anni, non sembrano pesargli la recente squalifica per aver staccato a morsi l'orecchio a Holyfield né gli anni di vita sregolata né le accuse e la condanna per violenza sessuale né il consumo abituale di droghe. È aggressivo, bracca Lennox Lewis senza lasciargli spazio costringendolo continuamente a "legarlo". Poi. Dalla seconda ripresa tutto cambia. Prefazione di Tito Faraci.